Monteroni d'Arbia, Murlo, Buonconvento, San Quirico d'Orcia, Castiglione d'Orcia, Radicofani
La “Memoria”
di Sigeric
Direttrice di collegamento con prevalente carattere commerciale univa le due grandi aree mercantili del Medioevo, il Mediterraneo e il Mare del Nord, ma fu anche molto utilizzata come itinerario di pellegrinaggi.
Dai territori d'oltralpe giungeva sino a Roma, per questo era detta anche "Romea"; in molti tratti corrispondeva alla via Cassia, tuttavia utilizzava parti di tracciato di strade diverse in modo da collegare il maggior numero di centri abitati di una determinata zona. Così l'intera area svolgeva funzione di collegamento viario ed il territorio-strada era organizzato mediante fasci di percorsi convergenti su particolari punti, geograficamente o fisicamente significativi e
strategici.
La via Francigena nacque come "strada di Monte Bardone", da un originario "Mons Langobardorum" che nel Medioevo indicava tutta quella parte dell'Appennino tosco-emiliano, presso il passo della Cisa, percorsa dai tracciati viari che collegavano le due aree del regno longobardo, la Padania e la
Tuscia.
Le più antiche testimonianze sulla via di Monte Bardone risalgono all'inizio del secolo VIII, ma la prima dettagliata descrizione della via Romea è contenuta nella "Memoria" di Sigeric, arcivescovo di Canterbury, dell'anno 990: l'itinerario ha ormai un ben definito tracciato con alcuni punti nodali, detti mansioni , corrispondenti a valichi montani, attraversamenti di corsi d'acqua, luoghi di accoglienza per i viaggiatori.
Sotto il dominio carolingio il percorso divenne sempre più definito ed importante ed assunse il nome di via Francigena, con funzioni di strada di grande comunicazione poiché i Franchi - Carolingi e Merovingi di Francia, ma anche Carolingi di Germania -erano molto interessati ai traffici con il nordeuropa, in particolare le regioni del bacino renano.
La via Francigena costituì, inoltre, la "via peregrinalis" per eccellenza quale punto di incontro delle direttrici per le tre grandi mete della Cristianità: Roma, Gerusalemme e
Compostella.
Per questo lungo il percorso erano situati luoghi di ristoro e di sosta ( hospitia) ed anche di accoglienza a fini ospedalieri ( hospitales): gli alberghi erano concentrati soprattutto a Monteroni d'Arbia e presso la vicina Lucignano, gli ospedali erano distribuiti un po' dovunque.
Un viale di tigli e robinie introduce a Monteroni d'Arbia centro artigianale ed industriale della val d'Arbia, pià possedimento dello Spedale di S.Maria della Scala e importante luogo di sosta lungo la Francigena. Di quel tempo il borgo conserva un grande molino fortificato di costruzione trecentesca.
Discosto dal tracciato viario, che in questo tratto sfruttava l'ampio fondovalle dell'Arbia correndo parallelamente al corso del torrente, era Murlo Il minuscolo borgo, situato a breve distanza da Quinciano e Lucignano d'Arbia, sorgeva però isolato su un colle ed era il nucleo principale di una comunità disseminata su un ampio territorio che la diocesi di Siena aveva avuto in dono dall'imperatore Enrico III. Ancora oggi il comune è costituito da un insieme di insediamenti sparsi e la sede amministrativa è a
Vescovado.
Verso la fine del secolo XII divenne importante mansione Buonconvento , alla confluenza dell'Arbia con l'Ombrone, dapprima piccolo villaggio nato come mercatale del borgo raccolto intorno alla pieve di Percenna , quindi borgo fortificato che accoglieva il tratto urbano della via Francigena, dalla Porta senese alla Porta romana. A protezione di esso i senesi eressero la cinta muraria.
Il paese, di grandi tradizioni agricole e commerciali, ha conservato nelle viuzze del centro storico il tessuto edilizio medioevale. Il tratto della Francigena lungo la Val d'Orcia conteneva un certo numero di punti di assistenza e di ricovero per coloro che utilizzavano il tracciato; questo si riduceva qui ad un solo percorso in corrispondenza del fondovalle, prima di affrontare la salita per
San Quirico d'Orcia primo importante centro abitato della Toscana lungo la strada. Si dice che a San Quirico si sia fermato anche il Barbarossa.
Prossimo a San Quirico e situato sulle pendici settentrionali del
Monte
Amiata, è Castiglione d'Orcia , antico castello dominato dai ruderi della trecentesca e suggestiva rocca degli Aldobrandeschi, che costituiva parte del sistema di fortificazioni poste a presidio della via
Francigena.
Questo primo tratto toscano fu legato alla presenza dell'abbazia di
S. Salvatore, sul monte
Amiata, base strategica del sistema di controllo della principale arteria del mondo longobardo.
Un diverso tracciato della via Francigena, tra la Val d'Orcia e la Valdipaglia dove sorge Radicofani , è documentato a partire dalla metà del secolo XI; se ne ha menzione nel diario di pellegrinaggio dell'abate islandese Nikulas di Munkathvera, anno 1154, in cui è citata una "montagna Clemunt" fra San Quirico d'Orcia e Acquapendente, che sembra identificarsi proprio nel poggio di
Radicofani.
Questo nuovo tratto risaliva dal fondovalle del Paglia sulla rupe basaltica di Radicofani e, sebbene più lungo e faticoso, raggiungeva tuttavia un luogo di sosta ben sicuro e difendibile che, per questo, fu scelto come sede dai fuoriusciti senesi, primo fra tutti Ghino di Tacco, signore di Radicofani dal 1297 al 1300; Radicofani l'ultimo centro senese a cadere nelle mani dei fiorentini nel 1559.
Il paese, di impronta medioevale, è dominato dal castello, costruito nel 1154 per ordine di Papa Adriano IV e trasformato in fortezza da Cosimo I de' Medici; lungo la strada che sale è il Palazzo della Posta, antica stazione di posta di gusto manieristico, dove sostarono Chateaubriand, Dickens e
Montaigne.
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